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PEC anche per gli amminstratori, per il Ministero non basta quella della società

Martedì 18/03/2025

a cura di Notaio Gianfranco Benetti


Come si è già visto dal primo gennaio la legge estende agli amministratori l’obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (art. 1, comma 860 L. 207/2024), già prevista per tutte le imprese (art. 37 D.L n. 76/2020).

In attesa di chiarimenti ministeriali le camere di commercio si erano mosse in ordine sparso, consentendo prevalentemente agli amministratori di indicare quale indirizzo digitale lo stesso della società amministrata, ivi eleggendo domicilio digitale, come avviene per quello fisico.

Con la nota n. 43836 il Ministero delle imprese e del made in Italy, pur riconoscendone l’“ottica di semplificazione”, ha invece ritenuto inammissibile questa coincidenza, perché deve essere garantita “la conoscibilità di un recapito di posta elettronica proprio ed esclusivo dell’amministratore da parte di tutti i soggetti terzi che possano avere legittimamente interesse ad un canale di comunicazione diretto e formale”; ad ogni amministratore è richiesta la sua PEC, ma se gestisce più società potrà usare la stessa.

Confermata l’estensione della disposizione normativa a “tutte le forme societarie”, ad eccezione della società semplice (eccezione dell'eccezione quelle agricole e di mutuo soccorso) ed alle reti di impresa dotate di un fondo comune che svolgono “attività commerciale rivolta ai terzi”, esclusi invece consorzi e società consortili e tutti gli altri enti non societari. Non si citano le cooperative ma sembrano da ritenersi comprese.

Esteso l’obbligo a tutte le ”persone fisiche o giuridiche cui formalmente compete il potere di gestione degli affari sociali, con le connesse funzioni di dirigenza ed organizzazione”, ivi compresi, quindi, i liquidatori, esclusi invece, parrebbe, i direttori generali.

Non solo, il ministero ha fissato il termine del 30 giugno 2025 per regolarizzare tutte le società già esistenti, anche a prescindere da un’eventuale nuova nomina o rinnovo. E se le nuove società non provvedono si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro (ex art. 2630 c.c.), ma non a quelle già costituite, perché “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati» (art. 1, l. 24 novembre 1981, n. 689).

Per chi fa impresa “mai una gioia”, a parte l’esenzione da imposta di bollo e diritti di segreteria, prevista per le società e (doverosamente) estesa dalla Nota ministeriale alla pratica presentata dagli amministratori. Tocca accontentarsi …
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